Cara Paola,
quando qualche mese fa mi dicesti che sarebbe stato bello organizzare un concerto, coinvolgere i bambini, in sostanza fare qualcosa per celebrare insieme alla figura di tutte le donne e di tutte le madri, anche il ricordo della tua mamma, io ti ho capita benissimo. Ti ho capita perché so cosa si prova quando il destino ti priva all’improvviso di un genitore.
Si prova un dolore lacerante che persiste nel tempo, nutrendosi di ricordi, spesso e volentieri di qualche senso di colpa, di tutte le cose non dette, delle frasi lasciate a metà e delle parole di troppo, degli abbracci mai dati, di tutte quelle cose che fai quotidianamente e che chi non c’è più non vedrà mai.
So cosa significa aver bisogno di un consiglio proprio da quella persona e non trovare più i suoi occhi per capire cosa fare e avere la paura, il terrore, di non ricordare più la sua voce un giorno.
Ho capito e condivido il tuo desiderio di rendere eterna la memoria, di lanciare un messaggio, di far arrivare le note del tuo amore più in alto possibile e sperare che la persona a cui sono destinate, le senta.
Il motivo per cui siamo qui è che siamo figli e che possiamo o no, godere ancora dello sguardo dei nostri genitori, ognuno di noi lo ha incontrato, conosciuto e amato.
E’ attraverso quello sguardo, il primo, che cominciamo a vedere il mondo. Non attraverso i nostri occhi ma attraverso quelli di chi ci cresce, ci nutre, ci protegge nel suo abbraccio e ci spiega la vita. Il concerto che abbiamo organizzato si chiama in memoria aeterna perché si dimenticano tante cose, tante si perdono in giro per il mondo o le chiudiamo in cassetti che non apriamo mai più, ma certi sorrisi, certe dita che indicano la luna, un’altalena, il tuo naso per spiegarti quanto sono grandi o piccole le cose, ecco, quelli non si dimenticano mai… e benché ne abbiamo la paura e a volte il terrore, dimenticare una voce che continua a parlarti nel cuore è impossibile.