Non ho nulla contro le grigliate…
in generale e niente contro quella di domani in particolare.
Però devo spiegare a mia madre che non sono suo marito e che siamo una famiglia anche se mi perdo qualcuna delle sue festicciole.
Devo spiegarle che saremmo famiglia ancor di più se le festicciole le concordassimo, invece di ritrovarmi puntualmente incastrata nei suoi programmi.
Devo o dovrei… ma non posso.
Ho deciso che mi lascerò strapazzare psicologicamente anche questa volta. Non resisterò al suo pressing catastrofico e vittimista e parteciperò a questa benedetta grigliata.
Apparecchierò e mi trascinerò addosso carbonella e quarti di bue se necessario, poi me ne andrò a guardare la tv.
Ho deciso di cedere perché con lei non c’è verso e perché quando discute salta di palo in frasca e non ascolta e poi perché ha una voce più potente della mia.
La nostra civilissima conversazione (ci hanno sentite fino in svizzera e conoscenti austriaci ci hanno telefonato per ringraziarci di esserci fatte vive, in qualche modo) si è conclusa alle 15.00 di ieri, dopo due ore e mezzo di estenuanti andirivieni verbali.
Intanto penso e ripenso che mi dispiace per lei e mi dispiace per me e che se le famiglie sono castelli di carta, la nostra ha appena attraversato un uragano. Ci stiamo riorganizzando con tutti i nostri limiti.
Qualcosa però, dopo l’ultima discussione, mi fa capire che ci stiamo rinsaldando male e che mia madre mi sta relegando ad un ruolo che non può essere mio.
Il tempo deciderà, ma io devo imparare a spiegarmi meglio e se non ci riesco non mi resta che migrare all’estero.